Ricevo da Antonio Leo e volentieri pubblico.
VASCO ROSSI
QUESTA STORIA QUA
Nelle sue canzoni infatti, disagio giovanile, marginalità, ribellismo, tumultuosi rapporti con le donne ed un’ innata propensione per la trasgressione la fanno da padrone. E sono proprio questi gli aspetti della sua arte che gli hanno consentito di trasformarsi in una specie di portavoce generazionale per quelle masse giovanili insoddisfatte ed arrabbiate e costantemente alla ricerca di qualcos’ altro, di qualcosa che fosse diverso dai discorsi dei movimenti istituzionali della contestazione studentesca operaia e che risultasse in netta contrapposizione al romanticismo della musica socialmente attenta che con molta retorica in quegli ani dilagava.
Ecco, presentandosi così, da autentico esemplare di un gran numero di persone, il signor Rossi ha dato vita ad un’avventura artistico-musicale realmente unica nel nostro Paese. E questo perché nonostante lo star system, gli eccessi, la vita spericolata, le disavventure giudiziarie legate alla droga e alla tripla paternità, che gli costarono per ben due volte il carcere, e infine un’aneddotica da sballato, praticamente infinita, il Blasco è ed è sempre stato e credo rimarrà, uno dei tanti. Le distanze con il suo pubblico sono ancora oggi minime. Quello che lui canta è ciò che il ragazzo o la ragazza che ascolta ha vissuto il giorno prima o che magari è capitato alla compagna di banco o al fratello.
Dagli esordi di fine anni ‘ 70 ai nostri giorni, di acqua sotto i ponti, comunque ne è passata tanta. Certo, molte cose anche nella vita sociale della nostra Nazione sono cambiate e con esse lo sono anche le persone, sia da una parte che dall’altra sia per il rocker emiliano che per i suoi fans. La vita è certamente diversa da allora. Resta però, quella magia che ha reso possibile quello straordinario connubio tra musica e vita reale vissuta, tra l’artista e la sua gente. Un rapporto magari a volte drammatico, sgradevole e contrastato, ma sempre vero, sanguigno, senza filtri né finzioni da alcun genere.
ANTONIO LEO
Collepasso, 27/9/2011
Vedere su you tube durante i concerti le faccie di noi giovani di allora, noi negli anni 90…. mi chiedo e mi domando, ma come cavolo eravamo? Ed ora come siamo? O meglio come siamo diventati? Forse all’epoca eravamo abbastanza sfacciati o forse allora c’era voglia di credere, forse c’era solo l’intenzione di vivere “oggi” non domani. Vabbè dai, data l’ora forse è meglio che chiudo qua, altrimenti piango….
VIVA MILANO,VIVA SAN SIRO, VIVA QUESTA NOTTE!!!