SUL MOVIMENTO 5 STELLE
Trovo ragionevole supporre che, se questo Movimento è riuscito a coinvolgere e farsi votare da una quantità notevole di elettori, un motivo c’è eccome! E trovo fuorviante, se non opportunistico, questo loro accanimento contro le Istituzioni e tutti coloro che le rappresentano; come fossero tutti uguali; come fosse colpa delle Istituzioni, come fosse solo colpa dell’attuale classe dirigente politica, che, è inutile nasconderlo, è “con le pezze al culo”. No, così è troppo semplice e banale, c’è ben altro dietro questa crisi. E non si può continuare a fingere di ignorarne le vere cause, penso che questo movimento, così facendo, alla fine della storia finirà con l’arrecare un ulteriore danno al suo stesso elettorato e non solo a loro. Questo movimento, la sua ideologia, affidandosi esclusivamente alla così detta rete, finisce col diventare supponente, elitaria e oligarchica. E così come i grandi speculatori della finanza internazionale si arricchiscono sui disastri monetari degli stati, così, a mio avviso, i “pentastellati” riescono ad ingrassare le loro fila puntando sull’inefficienza dei governi e sull’inerzia dei partiti. Perciò credo sia opportuno, anche da parte mia, ricordare i punti salienti, i veri nodi da sciogliere se si vuole sinceramente invertire la tendenza negativa nella quale siamo coinvolti ormai da alcuni anni.
Innanzi tutto è gravemente sottovalutata, da questo Movimento e non solo, la crisi devastante che la globalizzazione finanziaria ha realizzato a danno di intere nazioni, nonché la facilità con cui è riuscita a svuotare di contenuto la gestione politica dei vari governi coinvolti fino a renderli impotenti. Li ha svuotati di potere, li ha resi succubi della finanza internazionale, e più questi governi devono fare i conti con devastanti debiti pubblici, più sono divenuti succubi degli sporchi giochi della finanza internazionale. Perché per poter racimolare ancora fiducia dei detentori di notevoli disponibilità di denaro e quindi rendere appetibili i loro investimenti sul debito pubblico, questi governi disarmati e impotenti hanno dovuto assecondare tutte le esigenze che la globalizzazione imponeva: privatizzazioni forzate; azzeramento demenziale dei diritti dei lavoratori; largo, invece, alle possibilità di accumulazione per i nuovi padroni. E siccome a queste nuove barbarie le classi politiche non solo non sono stati capaci di reagire a livello nazionale ma neanche a livello europeo, i sporchi affari finanziari ora scivolano lisci come l’olio, in modo particolare sulla pelle dei lavoratori e dei pensionati. E manco a dirlo, il “grillismo” ci sguazza dentro comodamente.
Poteva opporsi la classe dirigente politica? Certo! Ma non lo hanno fatto né i governi italiani né quelli europei. Anzi a volte hanno agito come se fossero “più realisti del re” spianando la strada, con un impegno degno di ben altre cause. Questo micidiale debito pubblico, che che ne dicano i ben pensanti, è dovuto sostanzialmente ad alcuni fattori deleteri tutti italiani: Un’evasione fiscale pari a oltre centotrenta miliardi di euro l’anno e una corruzione che sfiora ormai i sessanta miliardi di euro annui. A tutto questo va aggiunto anche l’enorme costo della macchina statale (800 miliardi annui) che assorbe molte più risorse di quanto ne sarebbero necessarie per far funzionare bene il tutto, e anche questo va ascritto alle responsabilità politiche che si sono succedute da tanti anni. E dulcis in fundo, una burocrazia micidiale che taglia le gambe ad ogni iniziativa di imprese piccole e artigianali.Tutto ciò ha determinato la necessità di imporre a tutti una fiscalizzazione demenziale che ha portato il costo del lavoro ai massimi livelli, nonostante i lavoratori ottengono, con il loro lavoro, i più bassi salari del mondo occidentale industrializzato. Nonostante tutto questo, i papaveri industriali hanno iniziato a investire, non più in nuove tecnologie, in modo da poter vincere la concorrenza, ma hanno preferito anche questi la speculazione finanziaria, e chi non lo ha fatto, ora de localizza le sue industrie, lasciando l’Italia per nuovi posti al sole dove non c’è né la fiscalizzazione demenziale italiana, e c’è invece, un costo di lavoro irrisorio senza neanche dover fare i conti con un sindacato a difesa di quei lavoratori.
È chiaro a tutti, così non si va da nessuna parte, si torna semplicemente indietro, sarà la deindustrializzazione, la desertificazione industriale, si torna alla produzione primaria, sparirà la secondaria e con essa anche il terziario, quindi tutti in campagna a raccogliere cavoli e patate. Ma ahi noi, i padroni e mafie a loro molto affini hanno reso impraticabile con il loro dissennato inquinamento anche questa possibilità di un ritorno alle origini.
Ora, ignorare questo andazzo così come si è realizzato e scaricare tutta la colpa sull’attuale classe politica mi pare risibile e fuorviante. No, gli errori vengono da lontano. Ma soprattutto oggi è l’Europa che non ha nessuna voglia di imporsi a questo andazzo, continuando a proporre ricette economiche che non fanno altro che aprire sempre più spazi alle fameliche esigenze dei detentori della finanza contro gli interessi dei ceti produttivi. È qui, è in Europa, la chiave per invertire la rotta a questa devastante crisi e questa classe politica lo ha capito benissimo. Ed è in Europa il vero governo del denaro, della finanza. Contro un tale governo, nel lontano 1936, il Presidente americano Franklin Dedalo Roosevelt, tanto disse su di essi: “Il Governo del denaro organizzato è pericoloso esattamente come quello del crimine organizzato”. Come sottolineatura a quanto sopra ho esposto, propongo una parte di quanto ha scritto Federico Rampini su questo argomento.
F.to gateano paglialonga
Collepasso, 10/2/2014
(Federico Rampini, Repubblica) Cinque anni di crisi, e non ne siamo fuori. Forse siamo fuori dalla crisi che interessa gli economisti, non da quella che ci tocca da vicino. Quella delle statistiche in America è finita, e in Europa dicono stia finendo. Eppure la crisi ci sovrasta, ci schiaccia, le sue tremende conseguenze sociali, i danni sul nostro tenore di vita, sulle nostre aspettative, tutto questo non è finito affatto. E i colpevoli l’hanno fatta franca. Finché non capiremo davvero cos’è successo, e non colpiremo chi ha avuto un ruolo decisivo nel provocare il disastro, tutto resterà come prima. La ripresa sarà malata, o sarà una manna per pochi, come sta accadendo in America. O addirittura sarà una parentesi prima di un’altra ricaduta, provocata dagli stessi mali.
…Tutta la storia dell’economia occidentale dal 2008 in poi è una storia di socializzazione delle perdite bancarie. La stessa crisi dell’Eurozona, guai a dimenticarlo, comincia proprio così: quando alcuni colossi bancari europei rischiano di fare crac, gli Stati intervengono a salvarli; e a quel punto l’onere dei salvataggi sfascia le finanze pubbliche, così che, dal rischio di default bancari si passa al rischio (ben più grave) di default di interi Stati sovrani. Ne segue l’imposizione di feroci politiche di austerity a quasi tutti i paesi membri dell’Eurozona. La disoccupazione cresce, il disagio sociale si fa acuto, le sofferenze umane peggiorano: e tutto ciò accade perché all’origine l’intera collettività è stata obbligata a salvare le banche. Mentre i banchieri non hanno pagato nulla. Alcuni di quelli che erano al vertice degli istituti di credito nel 2007 ci sono tuttora. Altri se ne sono andati, ma con pensioni e liquidazioni dorate. Pochi banditi della storia furono così abili e sfacciati nel difendersi da ogni castigo, e rovesciare sulla collettività il prezzo delle loro azioni.
Collepasso, 8/2/2014